Nuovi parametri e tempi diversi. (Il mio editoriale per Linc Magazine)

Editoriale per Linc Magazine (Man Power), numero 2020: “Lavoro infinito

La pandemia ha messo in discussione molto più che i sistemi sanitari o le relazioni tra Stati. Ha scoperchiato tutti i vasi di Pandora – se ne esistessero per ogni ambito della vita moderna – e costretto a rivedere abitudini date per scontate. Occupandoci entrambe di questioni di parità ed empowerment femminile, è venuto naturale discutere delle conseguenze dei blocchi e di possibilità e rischi in una prospettiva di genere.


a Il lockdown ha portato a rivedere i ritmi e ripensare i nostri tempi. A partire dall’organizzazione della quotidianità, a casa con i figli, bilanciando le ore tra cura e lavoro.

mp La ridefinizione del tempo è denominatore comune. Per me che da anni lavoro “agile”, la transizione più complessa è stata quella di equilibrare questi ritmi, gestendo anche la frustrazione di mettere tutto in discussione. Ogni giorno.

a I blocchi mondiali hanno evidenziato quello che tanta letteratura sottolinea da anni: le donne hanno maggiore predisposizione all’adattamento. Caratteristica, ben espressa nella gestione tra famiglia e lavoro, che le rende un asset fondamentale in tempi difficili. Un vantaggio anche economico per aziende e imprenditori: i gruppi di lavoro composti in modo rilanciato da donne e uomini hanno performance migliori, riescono rapidamente a trovare soluzioni innovative. A fronte di ciò viene da chiedersi se la voce delle donne è da sempre meno ascoltata perché, laddove si decide, è percentualmente meno presente. Dopotutto con la pandemia è emerso anche quanto i Paesi a guida femminile, con nuovi criteri di esercizio del potere, abbiano meglio risposto all’emergenza. Siamo però ben lontani da un capillare cambio di cultura.
mp Il rischio di fare balzi indietro è continuo. Ma possiamo scegliere il modo di guardare al tema: concentrarci sulle debolezze ed aspettare che le cose cambino da sole o peggiorino.
Oppure immaginare i passi da fare – senza grande sforzo creativo, visto che tutti i parametri sono saltati. Se il terreno è pronto, le donne restano l’anello debole. Rappresentano una percentuale sproporzionatamente più ampia di occupati nei settori sanitari – più a rischio di contagio – e nelle professioni più colpite dai blocchi – dalla ristorazione al turismo. Ma sono anche quelle che per prime chiedono (unapologetic come mai) novità – di trattamento, di gestione sociale… Inoltre, caratteristiche più tipicamente (so di generalizzare) femminili come l’adattabilità, sono centrali nel rispondere ai nuovi bisogni del lavoro.

a Servono modelli di organizzazione professionale e personale che si adattino al presente fatto di distanziamento, possibili chiusure parziali, socialità modificata. D’improvviso rivediamo priorità e spazi e, lavorando in modo “smart”, ne scopriamo limiti e pregi. Certo non possiamo pensare a un futuro fatto solo di web-call e webinar, ma possiamo ri-pensare alla conciliazione tra lavoro e vita privata che meglio si adatti alle caratteristiche individuali. Non più “one size fits all”.

mp Meno spazio fisico e più mobilità intelligente. Sicuramente in Olanda, dove vivo, il passaggio al lavoro e all’istruzione digitale è stato più facile che in Italia – penso per esempio alle 24 ore che sono bastate a marzo alle scuole per riorganizzarsi, favorite da un accesso alla tecnologia diffuso già dalla scuola primaria. In generale comunque, almeno guardando certe professioni, il cambiamento ha tutte le carte in regola per essere duraturo. Conviene un po’ a tutti.

a Non bisogna pensare però che lo smart working sia la soluzione definitiva. Può influire negativamente sulle carriere delle donne se pensato come misura di conciliazione. Mentre può
e deve essere strumento di efficientamento dei tempi di lavoro, per tutti. Servirebbe per esempio una totale trasparenza nelle scelte dei profili, magari anche attraverso forzature imposte, come succede con la legge italiana che introduce quote di genere nei cda delle società quotate. Ma serve anche una nuova cultura della genitorialità, del bilanciamento degli impegni di cura – che in certi Paesi d’Europa è a un livello più avanzato –, dell’assistenza all’infanzia. Soluzioni innovative capaci di favorire anche il rilancio e determinare una spinta virtuosa in tanti ambiti.

mp Decisamente! Tra gli aspetti positivi del contesto attuale c’è una messa in discussione delle priorità personali e delle aspettative collettive. È un discorso complessissimo, non esauribile in poche righe, ma possiamo immaginare (e sperare) che, costretti da una situazione drammatica, si ripensino anche i propri obiettivi e necessità. E, da qui, si calibrino meglio le richieste per una società più inclusiva.

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