Europee 2024: c’è spazio per una Bretton Woods del clima?

A pochi mesi dalle elezioni europee si moltiplicano le riflessioni sull’evoluzione delle preferenze di voto. Per quanto resti vaga la situazione, è possibile iniziare però a farsi un’idea di come si stanno muovendo gli equilibri dell’opinione pubblica. E cosa questo significherà per la composizione del prossimo Parlamento.

Nonostante le mille incognite, una tendenza appare già chiara: in tutta Europa continua la crescita del consenso per le destre, spesso nelle espressioni più estreme. Se dagli studi più aggiornati, non sembra si verificheranno grandi stravolgimenti nella divisione dei seggi, con la conferma al primo e secondo posto dei due “storici” grandi raggruppamenti (il PPE, forza di centro-destra, e S&D, dove convergono le istanze dei partiti di centro-sinistra), le ultime tornate elettorali nazionali hanno consolidato quasi ovunque lo spostarsi della preferenza dei cittadini verso i partiti conservatori. Molti di questi fanno parte del gruppo europeo Identità e Democrazia. È il caso di Alternative für Deutschland (AfD) in Germania, della Lega di Matteo Salvini in Italia e Rassemblement national (RN) in Francia.

Secondo un sondaggio di EurActive e per i rilevamenti (in continuo aggiornamento) di Politico.eu alle elezioni di giugno, per numero di seggi, il gruppo si posizionerebbe solidamente al terzo posto al Parlamento europeo, sorpassando il raggruppamento di centro, Renew Europe, che occupa oggi quella posizione a Bruxelles. 

É certo presto per dire che questo sarà l’effettivo scenario post-voto. Allo stesso tempo però non si può nascondere la preoccupazione per il crescere del consenso per le destre sovraniste, sottilmente o apertamente anti-europeiste. E soprattutto in un momento in cui le turbolenze geopolitiche e le drammatiche conseguenze del cambiamento climatico richiederebbero sempre più unione e capacità di allargare il dialogo a livello globale. Ritengo utile quindi soffermare lo sguardo su questi due aspetti centrali per il nostro imminente futuro: la transizione ecologica (che affronterò qui sotto) e il ruolo globale dell’Europa a partire dalla politica commerciale (a cui dedicherò il mio prossimo messaggio). Avere chiare quali sono le posizioni oggi in discussione è il primo passo per una assunzione di responsabilità di ciascuno di noi, sia nell’espressione del voto che attraverso altre e più intense forme di impegno sociale. 

schema elezioni 2024: posizioni partiti

Il Green deal: tra sostenitori e contrari

Sin dalla sua formazione, la commissione Von der Leyen ha lavorato sul suo ambizioso progetto di politiche climatiche che mira a fare dell’Unione un continente a emissioni zero entro il 2050. Questo sforzo è oggi messo in discussione dalla crescita del peso delle forze di estrema destra in Parlamento: i conservatori, infatti, sono molto più cauti, se non proprio critici, rispetto all’agenda verde proposta. E questo non potrà che impattare sulla rapidità di avanzamento di queste politiche. Stiamo già assistendo a una retromarcia su posizioni consolidate, per esempio a fronte della protesta degli agricoltori europei. Scesi in piazza per diverse motivazioni, dalla riduzione dei sussidi ai costi crescenti del carburante alla immissione nel mercato europeo di grano più economico dall’Ucraina, il tema che ha unito le loro proteste è stato quello della contrarietà ai vincoli per la riduzione delle emissioni e dell’utilizzo dei pesticidi dannosi per la biodiversità. 

Per capire meglio la situazione trovo utile guardare alle ultime decisioni in materia ambientale prese dai diversi gruppi europei, in particolare a seguito della discussione sulla proposta della Commissione europea di tagliare le emissioni del 90% rispetto ai livelli del 1990, entro il 2040

  • European Conservatives and Reformists (ECR): i nazionalisti e l’estrema destra, che raggruppa partiti nazionali tra cui Fratelli d’Italia della premier Meloni, lo spagnolo Vox Fidesz del primo ministro ungherese Orbán, ritengono la proposta un’ambizione irreale. Questa mossa è definita “il tentativo di forzare le persone ad avere stili di vita diversi e di restringere la loro libertà di scelta”. Su tutti, il premier ungherese esprime chiaramente queste posizioni da tempo: oppositore di un ulteriore sostegno all’Ucraina, Orbán si dimostra scettico sulle prospettive della transizione verde europeaScriveva Ada Ámon, consigliere politico del sindaco di Budapest: “si tratta di un riflesso dello scetticismo nei confronti dell’emergenza climatica; la riluttanza a piegarsi e perseguire fonti di energia nuove e più pulite; e, forse più di ogni altra cosa, è servito da preoccupante precursore di un comportamento che potrebbe diffondersi in tutta Europa nel caso di una crescita della destra alle elezioni del Parlamento europeo del prossimo anno.”
  • Identità e Democrazia (ID): secondo le ultime rilevazioni, in giugno il gruppo potrebbe salire a 87 seggi, 28 in più rispetto alla situazione attuale, rilanciato anche dal possibile successo del Fronte nazionale di Marine Le Pen. Sulle politiche ambientali ID ha posizioni critiche rispetto alla necessità di introdurre politiche rigide e all’adozione di misure che limitano la sovranità nazionale. Una debolezza, se così possiamo dire, è data dalla poca coesione interna nelle votazioni in Parlamento europeo. Le indicazioni di voto dei suoi parlamentari per molti temi seguono più le tendenze nazionali. Alcuni principi però restano comuni. Tra questi il contrasto alle “ideologie verdi estremiste di questa Commissione” – come segnalava Marco Zanni, europarlamentare della Lega e presidente di ID.
  • Partito Popolare Europeo (PPE): anche in risposta alle recenti e diffuse proteste degli agricoltori, il gruppo sembra orientato a supportare il ritiro del regolamento sui pesticidi e alla cancellazione della proposta di legge sulla protezione e ampliamento degli ecosistemi (Nature Restoration Law). In tema di abbassamento delle emissioni, il PPE si propone però di non imporre visioni “dall’alto”: tutti i settori dell’economia devono essere convinti della validità della transizione ecologica e supportati nel percorso. 
  • Socialisti & Democratici (S&D): il partito europeo si posiziona a favore di un taglio “aggressivo” delle emissioni dannose per l’ambiente per restare nel target stabilito dall’Accordo di Parigi e non superare l’innalzamento della temperatura globale del 1.5° C. In tema di sviluppo di tecnologie verdi a supporto delle iniziative europee, allerta sul rischio di restare indietro rispetto a Cina e Stati Uniti. Per rimanere al passo con le altre due potenze, l’Europa deve chiudere l’enorme gap in materia di investimenti verdi. 
  • Renew Europe (RE): il raggruppamento, che riunisce i centristi europei, supporta il piano ambientale della Commissione, “perché basato sulla scienza“. RE ritiene che prima di tutto ci sia bisogno della giusta quantità di investimenti per raggiungere gli obiettivi. La seconda condizione è rappresentata dalla gestione equa e giusta delle emissioni provenienti dall’agricoltura. 
  • I Verdi/Alleanza Libera Europea (I Verdi/ALE): il gruppo conferma la necessità di dare un segnale forte per la fine dell’uso dell’energia ricavata da fonti fossili. Allo stesso tempo, lo schieramento mette in allerta contro i piani di promozione europei delle tecnologie di contenimento e stoccaggio (CCS). Chiara la posizione per ridurre le emissioni di gas serra prodotte dal comparto agricolo. 
  • Gruppo confederale della Sinistra unitaria europea/Sinistra verde nordica (GUE/NGL): come i Verdi, la Sinistra insiste sulla necessità di imporre un più alto target climatico per il 2040, in particolare riguardo alla rimozione delle emissioni dovute alle attività agricole e forestali – pur prevedendo nuovi sussidi che possano supportare le attività degli agricoltori europei. 

A prescindere dalle specifiche posizioni, è indubbio che ci troviamo davanti un serio tema di arretramento soprattutto riguardo alla capacità di dialogo tra le parti – qualità e atteggiamenti di apertura invece indispensabili quando si devono prendere decisioni che richiedono non solo capacità di dialogo all’interno dell’Unione europea, ma anche con partner terzi. 

Qualcuno pensa che la soluzione alle sfide climatiche verrà dagli sviluppi tecnologici. Ma anche in questo caso sarà necessario impostare un lavoro collaborativo e contrastare gli atteggiamenti isolazionisti crescenti. Basti pensare alle implicazioni che potrebbero avere soluzioni di geoingegneria come gli scudi solari o alternative simili. 

Ancora una volta solo il dialogo tra diversi Paesi lo consentirebbe: sarebbe necessaria la nascita di un nuovo multilateralismo, una Bretton Woods del clima. 

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