2024: oltre la metà della popolazione mondiale al voto

Il 2024 sarà l’anno con il più alto numero di elezioni – e di elettori chiamati a votare – al mondo: almeno 64 nazioni e i 27 membri dell’Unione Europea. A prescindere dalla libertà effettiva di scelta, dal Messico all’India, dalla Russia al Bangladesh al Regno Unito, con 7 dei 10 Stati più popolosi, oltre la metà della popolazione mondiale potrà esprimere le sue preferenze. Sarà la prima volta che nel corso di dodici mesi si tengono così tante tornate elettorali tra l’altro in una situazione globale osservata con attenzione e apprensione, caratterizzata da tensioni internazionali, conflitti e minacce continue a libertà individuali alcune date per scontate da tempo. 

Siamo entrati in quello che, nella sua Top Risks 2024, Eurasia Group, gruppo leader di consulenza sull’analisi del rischio, ha definito come “annus horribilis” per la politica globale. Denominazioni apocalittiche a parte, credo sia utile tratteggiare le questioni oggi aperte, mettere in luce fragilità e sfide da qui in avanti, provando anche a scoprire le possibilità di questo anno di cambiamento

La UE al voto

In giugno, tutti i cittadini della UE saranno coinvolti nell’elezione per il rinnovo del Parlamento europeo. Chiaramente non ci possono essere ad oggi certezze sulla sua composizione futura, ma si stanno definendo alcune tendenze e orientamenti in particolare. 

Nei Paesi dove si sono da poco rinnovati i Parlamenti nazionali, sembrano prevalere spinte populiste e di estrema destra. Illustra bene la situazione e i possibili scenari l’European Council on Foreign Relations nel suo recente articolo dal titolo “A sharp right turn”. Secondo gli autori, l’ondata dei risultati dei partiti anti-europeisti attualmente al potere potrebbe trascinare le destre alla vittoria in almeno nove stati membri (per esempio in Austria, in Italia e in Belgio). In altri nove, come in Germania, in Spagna o in Svezia, arriverebbero secondi o terzi. Uno scenario simile sposterebbe la bilancia al PE dato che i partiti di centro-destra, le sinistre e i verdi perderebbero voti e seggi. Inoltre, secondo alcune previsioni nella futura composizione, almeno la metà dei seggi verranno occupati da parlamentari non affiliati a nessuna delle “super coalizioni” dei tre gruppi centristi europei (Popolari europei, Socialisti e democratici e Verdi). E allo stesso tempo, una coalizione populista di cristiani democratici, conservatori e parlamentari di estrema destra, potrebbe diventare maggioranza, per la prima volta. 

Uno spostamento di potere e orientamenti simile, continua il pezzo, ha conseguenze dirette sulle politiche a livello continentale e interesserà le scelte in materia di politiche estere e sulle questioni ambientali (la futura maggioranza credibilmente si opporrà agli ambiziosi piani fin qui impostati a contrasto del cambiamento climatico).

Nodi da sciogliere e passaggi necessari

La prossima legislatura si troverà ad affrontare alcune sfide e necessità nuove e non. Sicuramente dovrà agire re-impostando il suo operato in un’ottica di sviluppo globale molto diverso anche già da 5 anni fa e in evoluzione rapida. 

La rivista dell’Istituto Affari Internazionali a inizio gennaio faceva una panoramica sulle sfide e punti cruciali che il prossimo PE dovrà affrontare. Nell’articolo “Il progetto europeo contro l’Europa delle patrie” sottolineava in particolare come sul piano interno l’UE dovrà definire la governance economica per garantire la stabilità finanziaria. Nel rispettare gli impegni in contrasto al cambiamento climatico (decarbonizzazione, transizione e sicurezza energetica), dovrà anche definire gli strumenti per assicurare maggiore competitività, e migliori possibilità di innovazione e sviluppo tecnologico delle sue aziende. Non saranno, poi, affatto secondarie le questioni di denatalità, invecchiamento della popolazione e dei flussi migratori.

Continua il pezzo, ricordando che a livello internazionale, l’Unione dovrà ridefinire il proprio ruolo (da protagonista?) più di quanto fatto nel recente passato – in un mondo caratterizzato dalla crisi del multipolarismo e delle istituzioni sovranazionali, oltre che da guerre e instabilità diffusa. L’Europa osserva con attenzione e preoccupazione l’evolvere della situazione ai suoi confini a Est, in Ucraina e nel vicino Oriente, e intanto si trova a gestire e definire i rapporti con la Cina – oltre a essere partner cruciale, il Dragone sta diventando concorrente e rivale. Sullo sfondo si iniziano poi a sentire gli stridori che arrivano d’oltre oceano, dove è in corso la campagna per le elezioni statunitensi di novembre già impostata su toni di scontro. 

L’Intelligenza Artificiale e le elezioni

Un altro tema rilevante, che renderà questo un anno unico, è l’impatto dell’Intelligenza Artificiale sui risultati delle consultazioni. Senza approfondire qui nel dettaglio tutti i rischi legati per esempio ai risultati effettivi degli spogli, la tecnologia è già oggi in parte capace di influenzare le scelte degli elettori. Se mancano una serie di barriere o filtri non ci sono limiti precisi sulla potenziale portata delle campagne di disinformazione: far circolare falsità richiede il minimo sforzo e costa pochissimo. Considerando sia la velocità del suo sviluppo, la reach potenziale e la ancora scarsa educazione diffusa sul mezzo e come può (e viene) usato per manipolare le informazioni, l’impatto dell’IA sulle votazioni è una possibilità molto reale. 

Cosa fare? Nel breve periodo il primo step sarebbe quello di puntare a un maggior controllo degli strumenti, coinvolgendo anche le piattaforme social nel facilitare l’individuazione di notizie false. Serve inoltre equipaggiare gli utenti online affinché diventino “consumatori”, anche di informazioni, più coscienti. E innovare sul lato programmazione (processo parzialmente in corso) per facilitare la moderazione della diffusione di fake news o campagne di disinformazione. 

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