Perché (e per chi) parlare ancora di diverisità e inclusione
Passata un’estate non certo priva di novità, nella stagione appena iniziata “la storia” non si ferma. regalandoci qualche scintilla di speranza ma purtroppo lasciando molte questioni aperte, conflitti irrisolti e preoccupazioni continue. Forse proproi per questo allora troco importante guardare alle tematiche che seguo da vicino, in modo costruttivo. Cercando di soffermarmi su alcune tendenze ma indicando, per come possibile, spunti di riflessione costruttivi e le prospettive da qui in poi.
Perché parlare ancora di D&I
Lo scorso anno una notizia ha alzato l’attenzione degli esperti e di quanti di parità di genere e inclusione si occupano: alcune grandi compagnie americane nel corso del 2023 hanno ridotto significativamente gli investimenti e i loro team di diversity&inclusion. Il tema negli Stati Uniti aveva creato una attenzione specifica in particolare dopo la morte di George Floyd, ucciso nel 2020 durante un controllo da parte della polizia. A seguito di questo evento moltissime compagnie avevano annunciato l’investimento di nuovi fondi e la creazione di gruppi specializzati in D&I.
Nemmeno tre anni dopo, a partire da Google, Meta e X, la spinta a maggiore e migliore inclusione si è, quantomeno, raffreddata. Se già a dicembre gli osservatori avessero fatto scattare l’allarme, da inizio 2024 il trend non si è fermato e allunga anche in queste settimane la lista di grandi brand che fanno passi indietro, disinvestono o smantellano i loro team che di diversity di occupano. Da Harley Davidson a Coors (società proprietaria della Jack Daniel’s), da John Deer a Lowe’s (retail specializzata in fai da te): settori diversi, stessa traiettoria verso il taglio di fondi e personale.
In Europa e in Italia la situazione appare un po’ diversa. Nel nostro Paese, per esempio, vediamo una crescente comprensione della necessità di un approccio olistico alle tematiche di diversity – i congedi parentali, le quote di genere certo ma anche la promozione della settimana lavorativa corta, il lavoro ibrido… E la coscienza che, in un mercato del lavoro in continua evoluzione, il modello “one size fits all” è obsoleto. Serve infatti mantenere uno sguardo aperto e non osservare alla situazione contingente solo attraverso una lente singola. Nonostante una attenzione rinnovata, non posso nascondere che pari opportunità e inclusione siano traguardi raggiunti. Abbiamo ancora bisogno di lavorare sulla parità di genere e di finanziare progetti di D&I. E abbiamo ancora molta strada da fare perché, nonostante tutto, un mondo che conosca un vero equilibrio di genere, a questo ritmo di avanzamento, è lontano almeno 5 generazioni (secondo l’ultimo Gender Gap Report del WEF).
In Italia, in particolare, le donne continuano a pagare un prezzo altissimo, non solo in termini di partecipazione al mondo del lavoro – il differenziale raggiunge quasi il 20% – ma anche proprio di discriminazione nei salari. Anche a parità di impiego, guadagnano spesso meno dei colleghi, compagni, mariti, fratelli, al punto che nel nostro Paese, secondo gli ultimi dati Ocse, persiste il più grande divario retributivo di genere tra le diplomate e con le laureate, che registrano tendenzialmente risultati scolastici migliori, mediamente guadagnano il 58% in meno dei coetanei maschi.
Ha sottolineato molto chiaramente l’ex-presidente Mario Draghi intervistato dal direttore del Corriere della Sera: «Pagare meno le donne va contro la costituzione», ricordando come «La parità non si fa per decreto, ma bisogna costruire le condizioni».
Nel suo discorso, Draghi ha gettato nuova attenzione sulla validità molto attuale della Golfo-Mosca: «Le quote hanno a che fare con la differenza dei livelli di partenza. Avere le quote non significa far emergere donne non qualificate, ma far emergere donne qualificate che altrimenti non avrebbero quell’occasione». Ha anche avvertito: «Mi pare che con il coinvolgimento la performance sia migliorata. È una questione culturale e di tempo. Il modo di vedere il mondo del lavoro al maschile c’è da secoli. Bisogna fare molto di più».
I temi affrontati dall’ex premier, l’importanza oggi degli sforzi in tema di D&I, corredati da un quadro di partenza che abbraccia un po’ tutti gli aspetti della parità e inclusione, sono presentati nel volume appena pubblicato da Arel (Agenzia Ricerche e Legislazione), “Oltre il Divario Salariale: la parità di genere per la crescita economia e la competitività delle imprese”. Un compendio di tendenze, di riscontri reali e prospettive future che permette di approfondire la situazione, al quale ho contribuito scrivendo il capitolo “Gender Pay Gap e D&I. Continuare a parlarne per non retrocedere”.
L’estate de Il Cielo Itinerante: l’esperienza unica a Caivano
Una società che punta a raggiungere alti livelli di parità e l’inclusione nel mondo del lavoro, non può esimersi dal guardare alle giovani generazioni. Soprattutto se, come sta succedendo da anni nel nostro Paese, una fetta importante di giovani resta indietro e un’altra, all’opposto, – soprattutto donne -, lascia l’Italia attratta da prospettive e condizioni vita-lavoro molto più allettanti altrove.
Continuando nello spirito che contraddistingue la nostra associazione, questa estate, ai campi estivi tenuti a Milano, Napoli e Roma, abbiamo “portato il cielo” anche a Caivano, comune tristemente conosciuto come “roccaforte della criminalità” e famoso perché considerato la più grande piazza europea dello spaccio. Avvicinare gli oltre 200 ragazzi di questa città e vedere le reazioni ai programmi di insegnamento delle materie STEM ci ha confermato la validità del nostro progetto e dell’importanza di offrire la possibilità di “guardare alle stelle” in luoghi tradizionalmente difficili.
Noi ci crediamo: alzare lo sguardo al cielo permette al pensiero di allargarsi. Ci possiamo sentire ispirati, autorizzati quasi, a pensare oltre i limiti imposti dall’orizzonte fisico quotidiano.
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