Settimana corta, la sfida del lavoro flessibile [La Stampa]

Di Alessia Mosca e Pietro Garibaldi, La Stampa

Con l’inflazione a doppia cifra e le bollette che esplodono, il primo incontro tra la ministra Calderone e le parti sociali – previsto per la prossima settimana – difficilmente avrà altri argomenti all’ordine del giorno. In realtà, con un governo appena insediato e a inizio legislatura, la ministra Calderone dovrebbe mettere sul tavolo “verde” di Palazzo Chigi nuovi grandi obiettivi sociali e modelli di organizzazione del lavoro, guardando ai movimenti in atto in Italia e in altri paesi. In un’economia che non cresce da quasi vent’anni e una popolazione che invecchia, ci è grande domanda di innovazione sociale.
Una delle proposte più suggestive e con maggiore possibilità di impatto è quella della settimana lavorativa di quattro giorni. La crisi pandemica, mostrandoci la potenzialità del tele lavoro, ci ha lasciato, tra le altre, una lezione: la possibilità di accelerazioni impensabili nell’innovazione organizzativa del lavoro. Il tele-lavoro, già prima del marzo 2020, era stato semplificato dal Parlamento, ma non esisteva su larga scala. Con la pandemia è stato applicato concretamente da quasi tutto il mercato del lavoro in poche settimane.
La crisi in corso, che deriva per lo più dall’esplosione dei prezzi energetici, può aprire le porte alla settimana lavorativa di quattro giorni. In una prima fase, riteniamo che sarebbe sufficiente lavorare 4 giorni per almeno 9 ore e avere un giorno qualsiasi della settimana in più di tempo libero, senza attuare la proposta più radicale, cioè l’aumento del weekend a 3 giorni, come illustrato di recente da Pietro Gomes del Birkbeck College, in un libro, Friday is the new Saturday, che presto sarà tradotto in Italia.
In realtà, qualche cosa già si sta muovendo in risposta a nuove esigenze. Anzitutto, vi è una gran domanda di flessibilità nell’organizzazione della vita e del lavoro, elemento spesso dirimente peri i giovani per decidere se accettare o mantenere un posto di lavoro. Per andare incontro a questa domanda e per attrarre migliori talenti, la più grande banca italiana ha già offerto ai propri dipendenti possibilità di organizzare il lavoro su quattro giorni. Allo stesso modo, il Governo Portoghese sta avviando uno studio pilota per incentivare l’adozione di questo nuovo modello di organizzazione.
Quali sono in concreto i vantaggi di questa scelta, oltre al già citato risparmio energetico, abbinato alla riduzione dell’inquinamento e del traffico? Primo, una settimana di quattro giorni stimola l’innovazione. Un mondo in cui i lavoratori staccano e per tre giorni si dedicano ad altro (formazione, hobby, etc.) apre nuovi orizzonti. Il corpo e la mente non sono più sopraffatti da una routine che – anche a causa dell’iperconnessione – crea stress e depressione e riduce produttività e creatività, condizioni base per l’innovazione. Joseph Schumpeter, padre dell’economia dell’innovazione, era ben conscio di questi benefici e sappiamo bene quanto ci sia bisogno in Italia di investire sulla produttività.
Secondo, la settimana corta aiuterebbe a ridurre le diseguaglianze di genere. Lavorare quattro giorni su cinque facilita una migliore distribuzione tra donne e uomini delle responsabilità familiari e quindi può aiutare le donne a raggiungere posizioni apicali. Il lavoro a distanza in Italia, come dimostrato in diversi studi empirici recenti, ha creato nuova segregazione e svantaggiato le donne perché considerato un “aiuto” solo per le madri e non un o strumento di nuova organizzazione complessiva del lavoro, ampliando di fatto la prassi per cui siano sempre le donne ad avere il principale carico familiari. Infine, avere un giorno a disposizione in cui i bambini sono a scuola, le attività commerciali e gli uffici pubblici sono aperti aiuta tutti ad avere più tempo, la vera risorsa scarsa delle nostre società.
Se la ministra Calderone cogliesse il potenziale di questa idea, si aprirebbe una grande opportunità di protagonismo per le parti sociali. Le imprese potrebbero attrarre e trattenere i migliori talenti. I sindacati, a parità di salario, avrebbero ovviamente solo da rallegrarsi. Giorgia Meloni, prima donna presidente del Consiglio, ha sottolineato l’importanza dei corpi intermedi per rilanciare il Paese. Vedremo nei fatti se riuscirà davvero a guardare oltre l’emergenza e proporre nuovi modelli di organizzazione della nostra vita.

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