Scuola: le vacanze estive e l’occupazione femminile

In questo 2022, torna ancora ad incombe la DAD: strumento utile in emergenza, è diventata un’arma a doppio taglio, se non proprio pericolosa e responsabile dell’acuirsi di diseguaglianze e crolli psicologici. Abbiamo chiaro oggi quando il distanziamento sociale prolungato ha colpito i ragazzi in termini di socialità e di apprendimento. La chiusura delle scuole, poi, sembra chiaramente responsabile dell’esasperarsi di tanti gap per le famiglie italiane, e in particolare per le donne. Per questa ragione, torno a insistere sulla necessità di modificare e prolungare il calendario scolastico italiano.

La chiusura di 3 mesi ha un impatto negativo sui livelli di apprendimento dei ragazzi e sembra avere una correlazione chiara sulle opportunità per le donne. Sono infatti le madri in particolare, soprattutto se non dispongono di una solida rete familiare di supporto, a occuparsi dei ragazzi e, quindi, a pagare il prezzo più alto in termini di occupabilità e occupazione[1]Dallo studio the COVID-19 pandemic, school closures and maternal employement, di Vincenzo Galasso e Paola Profeta, confluito nel libro “Gioventù smarrita”, di Vincenzo Galasso, EGEA 2021.

Il tema della lunga pausa estiva e le su conseguenze per le donne, sembra però tornare rilevante solo in alcuni periodi dell’anno. Diventa centrale, per esempio, con l’avvicinarsi dell’8 marzo o con l’approssimarsi della stagione calda. Nel mezzo: silenzio.

Eppure basterebbe guardare gli esempi di Paesi nostri vicini che hanno effettuato dei cambiamenti negli orari di apertura delle scuole per capire quanto una diversa gestione delle vacanze contribuisca positivamente alla partecipazione delle madri al mondo del lavoro. Come il caso della Francia: fino al 2013 il mercoledì le scuole primarie avevano orario ridotto e molte donne quel giorno lavoravano almeno un ora in meno. Con l’introduzione del nuovo orari questo gap si è ridotto del 40% e le madri hanno adottato orari di lavoro (e conseguentemente stipendi) più regolari.

O l’esempio della Spagna: a inizio anni ‘90 una riforma ha esteso l’accesso alla scuola dell’infanzia dalle 9 alle 17 per i bambini di tre anni. In 7 anni – dal 1990 al 1997 – la percentuale di piccoli che frequentavano è passata dal 8 al 42,9%. Secondo alcuni studiosi, questo ha permesso di innalzare l’occupazione delle donne con due o più figli del 14,9%[2]I dati sono raccolti in uno studio in progress di Paola Profeta e Roberto Occhiuzzi.

Non credo che da solo l’allungamento del calendario scolastico possa rappresentare la soluzione a tutti i mali, ma ripensare la scansione delle lezioni nei 12 mesi e le offerte di attività extra scolastiche sia imprescindibile.

Rimette al centro non solo le generazioni più giovani, quelle più dimenticate nella gestione dell’emergenza sanitaria ancora oggi, ma anche le opportunità per il nostro paese di crescere ai ritmi dei nostri vicini europei. Grazie al contributo di una parte della popolazione generalmente sotto e mal rappresentata nel mondo del lavoro.

(Notizia di oggi sui dati dell’occupazione femminile: dati in calo, non erano così dal 2013)

References

References
1 Dallo studio the COVID-19 pandemic, school closures and maternal employement, di Vincenzo Galasso e Paola Profeta, confluito nel libro “Gioventù smarrita”, di Vincenzo Galasso, EGEA 2021.
2 I dati sono raccolti in uno studio in progress di Paola Profeta e Roberto Occhiuzzi.

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