Educazione finanziaria: strumento di sviluppo

La situazione internazionale odierna offre scenari drammatici e complessissimi e apre sfide che avranno un impatto forte sul futuro dell’Europa. Di fronte alle notizie che leggiamo, credo sia utile provare a tenere uno sguardo ampio sulle prospettive di crescita e sviluppo di lungo periodo. In quest’ottica, trovo interessante la posizione di alcuni studi che collegano più alti livelli di alfabetizzazione finanziaria alla riduzione di situazioni di grave dipendenza economica all’interno delle società. 

Lo scorso anno, nel suo studio “Challenges for Financial Inclusion: The Role of Financial Education and New Directions”, la stessa Banca d’Italia metteva in relazione educazione finanziaria e inclusione. Secondo l’analisi, un Paese evita il rischio di toccare alti livelli di disparità (con tutte le conseguenze e le tensioni che questo comporta) quando presenta maggiore partecipazione degli individui nella vita economica, maggiori competenze finanziarie tra i suoi cittadini e, legato a questo, diverse strategie che permettano un’adeguata preparazione in materia. Inoltre, visto che la digitalizzazione offre opportunità per espandere l’inclusione, lo studio illustra la relazione tra alfabetizzazione finanziaria e competenze digitali già a partire dalle generazioni più giovani. Segnala lo studio: «una più attiva partecipazione alla vita economica e finanziaria è positivamente correlata a (sufficienti livelli) di alfabetizzazione finanziaria».

Gli strumenti facilitano l’apprendimento, specialmente, se si inizia ad arricchire il bagaglio culturale (economico, in particolare) sin da piccoli. Se si includono nei processi di alfabetizzazione e educazione finanziaria tutte le fasce di popolazione – a partire dalle donne – si abbassa anche il rischio di esclusione sociale. Di conseguenza, si interviene prevenendo e contrastando il pericolo di violenza economica (uno dei tipi di violenza definiti dalla Convenzione di Istanbul stessa). 

In Italia 

Il caso italiano è emblematico. Nel nostro Paese persistono grandi differenze sociali ed economiche tra Regioni e tra generazioni. Su tutte, resta molto preoccupante il gap di genere che penalizza le donne praticamente sotto ogni punto di vista.

Solo guardando all’aspetto economico-finanziario, siamo fanalino di coda in Europa già a partire dal tasso di occupazione femminile: sul totale lavorano meno del 60% delle donne in età attiva (contro quasi l’80% degli uomini). Anche se preparate – si laureano in percentuale maggiore e prima dei compagni –, in genere lavorano meno, hanno stipendi più bassi e minori occasioni di fare carriera dei loro colleghi. Frequentemente, poi, vengono penalizzate per le interruzioni prolungate (garantite per legge!) dal lavoro – perché diventano madri o per la cura di figli o genitori anziani. Senza contare, inoltre, che tantissime sono assunte con contratti più fragili, e sono quindi spesso le prime a venire colpite dalle ristrutturazioni aziendali. Quelle che lavorano al pari dei propri compagni, mariti, conoscenti o colleghi, si occupano in maniera sproporzionata delle necessità familiari e svolgono una maggiore quantità di lavoro non retribuito oltre “l’ufficio”. 

Questo scenario guarda in particolare a profili che idealmente, avendo quantomeno un lavoro, hanno una maggiore comprensione dei concetti economico-finanziari contemporanei almeno di base. Per le fasce che si trovano sotto a un livello minimo, invece, il rischio di dipendenza economica è molto concreto. Se un certo grado di alfabetizzazione finanziaria rappresenta un fattore di protezione e un efficace strumento di prevenzione contro situazioni pericolose, comprendere poco gli strumenti o non avere accesso a risorse proprie alza molto il rischio di finire vittime di violenza economica.

Nel nostro Paese, secondo dati raccolti da Episteme e ripresi da Il Sole 24 Ore, nel 2021 il 37% delle italiane non aveva un conto corrente. Cioè, implicitamente non era in grado di disporre in esclusiva di risorse finanziarie. 

Sin da piccoli

Prestare attenzione alle generazioni più giovani rappresenta un primo passo efficace contro gravi conseguenze anche sociali, offrendo percorsi di educazione finanziaria da presto. Indicativa, in questo senso, la pubblicazione del quadro congiunto, tra Commissione europea e OCSE, delle competenze finanziarie per bambini e ragazzi.

L’idea di base è contribuire a migliorarne l’alfabetizzazione – qui il comunicato stampa, puntando a intervenire contro i livelli allarmanti in Europa descritti dal monitoraggio di Eurobarometro. Nell’Unione solo il 18% dei cittadini ha un alto livello di alfabetizzazione finanziaria – con grandi differenze tra i diversi Paesi e le fasce di popolazione.

Tra questi, giovani, donne e persone con basso reddito e basso livello di istruzione. 

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