La crisi internazionale e la speranza nel potere del dialogo

Stiamo vivendo in questi giorni in un mondo che mai avremmo pensato potesse tornare a conoscere la guerra. Un conflitto dalla portata potenziale devastante, guidato da motivazioni apparenti difficili da immaginare sufficienti a scatenarlo. E caratterizzato da un’evidente chiusura al dialogo che suona anacronistica.

Un momento di confusione e tristezza, incredulità. Troppo presto ancora comprenderne appieno la portata storica. Di certo non ci saremmo aspettati di ricadere in scontri aspri alle porte dell’Europa. L’Unione, con i suoi limiti, i contrasti interni e una certa fatica, continua a rappresentare un modello di equilibrio di dialogo, diplomazia, democrazia.

L’importanza del nostro continente sullo scacchiere internazionale è evidente anche ai nostri interlocutori: potenze e realtà con le quali abbiamo potuto aprire dialoghi a partire dalle discussioni di tipo commerciale. Le relazioni tra l’Europa e il sud est asiatico ne sono un esempio, anche in un’ottica di protezione comune dai rischi rappresentati dalle influenze dei regimi autoritari. Certo si tratta di una strada lunga (si celebrano quest’anno i 45 anni di rapporti tra le due aree), non sempre fluida e ancora decisamente perfettibile. Ma utile per cercare un terreno comune.

Ha illustrato bene questi cardini Igor Driesmans, Ambasciatore dell’Unione europea in ASEAN, parlando ai miei studenti a Parigi la scorsa settimana. “Sono tanti i settori di collaborazione tra i due blocchi, dal commercio all’ambiente. Ma va rafforzata anche la cooperazione in materia di sicurezza e difesa. Vanno accelerate le procedure per concludere accordi di libero scambio solidi e dettagliati con tutti i singoli stati membri. La UE e l’ASEAN sono i più avanzati esempi di integrazione regionale al mondo, nonostante presentino molte differenze in termini di natura giuridica e composizione”.

Gli ha fatto eco, completando il quadro nel suo intervento, Giulia Ajmone, direttrice di Strategy and Partnership dell’Economic Research Institute for ASEAN and East Asia. “Nonostante le diversità e le disomogeneità interne, sono le somiglianze e i valori condivisi che vanno rafforzati per una solida e totale integrazione regionale”. Dopotutto, entrambe le aree si confrontano necessariamente con il Dragone, da una parte, e con la posizione chiara degli USA in tema di interessi commerciali (come commentava qui l’ex Ambasciatore Usa in UE, Anthony Gardner a inizio febbraio).

“La Cina – ha continuato Ajmone – esercita una forte influenza economica e di conseguenza politica sulla regione. Influenza che va a scontrarsi con le strategie statunitensi dirette a riaffermare una solida presenza americana nella regione attraverso accordi con i Paesi ASEAN”.

Ecco allora tornare evidente la posizione cruciale dell’Europa in questo panorama. L’Unione può essere davvero un modello di integrazione pacifica capace di contribuire a costruire rapporti di equilibrio per uno sviluppo equo e sostenibile per tutti. Con la diplomazia e il dialogo.

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