Myanmar, teniamo alta l’attenzione

[Il mio editoriale per il numero del 2 luglio della Newsletter di Italia-ASEAN]

Il rilascio di poco più di duemila prigionieri non deve ingannare. La repressione della giunta militare birmana prosegue. E noi non ci possiamo distrarre.

All’inizio l’indignazione, dopo un po’ la frustrazione, infine la rassegnazione. Uno schema che non ci si può permettere di ripetere su quanto sta accadendo in Myanmar, dove il golpe militare dello scorso febbraio non ha solo bruscamente interrotto il processo di transizione democratica tradendo la volontà del popolo birmano, ma anche avviato una oscura stagione di violenza e repressione. Non inganni la notizia del rilascio di circa duemila detenuti in tutto il Paese, tra cui 700 dal carcere Insein di Yangon. Uno sviluppo che non deve diventare uno specchietto per le allodole, utile a far credere che piano piano la giunta stia allentando la presa. Tra i rilasciati ci sono anche diversi prigionieri politici (che avevano manifestato in modo pacifico contro il golpe), ma nessuno dei leader delle proteste. Nemmeno il giornalista statunitense Danny Fenster, caporedattore di Frontier Myanmar, rientra tra coloro che sono tornati in libertà, accolti dalle famiglie che li attendevano di fronte al carcere mostrando le tre dita in segno di vittoria. Rilasciata invece la reporter Kay Zon Nway, che ha trascorso in cella 124 giorni per la colpa di aver dato notizia delle proteste per il media indipendente Myanmar Now. Diverse altre migliaia rimangono però dietro le sbarre, dove subiscono maltrattamenti e secondo diverse fonti anche torture. Anzi, secondo delle ong birmane le vessazioni nei confronti di chi è ancora in carcere si intensificheranno. Nonostante questi rilasci, la repressione della giunta militare prosegue senza sosta. Una giunta militare che sta cercando di ripulirsi almeno parzialmente l’immagine verso l’esterno e che intima i media internazionali di non chiamarla col suo nome, “giunta militare” appunto, ma semplicemente “governo”. Il tutto mentre il generale Min Aung Hlaing viene ricevuto a Mosca dal governo russo e una società guidata da Hideo Watanabe, ex Ministro delle Poste e delle Telecomunicazioni del Giappone, avvia un progetto di collaborazione commerciale con un’azienda affiliata all’esercito birmano. L’Unione Europea, che la scorsa settimana ha imposto un nuovo round di sanzioni, non deve abbassare l’attenzione su quanto sta accadendo in Myanmar, cercando di coinvolgere sempre di più l’ASEAN. Non possiamo permetterci di rassegnarci.

Leave a Comment